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Sanremo 2009

 
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Sanremo, il pubblico è stanco. Ma il meno peggio resta X-Factor

di Serena Danna

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18 febbraio 2009

Ecco il quadro del nostro sondaggio: il pubblico del Sole-24 ore.com tendenzialmente non ama i programmi musicali italiani, ma se proprio deve scegliere tra Sanremo e X-Factor, non ha dubbi: meglio il talent show di Raidue che il cimitero della canzone italiana di Raiuno.

Tanto, troppo è stato detto sul Festival, arrivato quest'anno alla sua cinquantanovesima edizione; al contrario, il programma che ha lanciato lo scorso anno la cantante Giusy Ferreri, si sta rivelando sempre di più un fenomeno mediatico interessante.

Partito quasi in sordina come ennesimo programma a metà tra talent e reality show, dopo il successo di Amici di Maria de Filippi e i fallimenti di Operazione Trionfo e Musical Farm, il programma, che vede la partecipazione di aspiranti cantanti divisi in tre categorie (dai 16 ai 24 anni, 25 anni in su, e gruppi vocali), di un conduttore, Francesco Facchinetti, e di tre giudici supremi - la superdiscografica Mara Maionchi, la regina della Tv Simona Ventura e l'intellettuale musicista Marco Castoldi detto Morgan - è cresciuto grazie al passaparola sempre di più nel corso della prima edizione, al punto che quest'anno va in onda il lunedì sera per dare fastidio al Grande Fratello.

L'edizione del 2008 si era chiusa con la vittoria degli "Aram Quartet", gruppo plasmato e diretto da Morgan, ma è noto come la vincitrice morale si sia poi rivelata la Ventura, tutor di Giusy Ferreri, che ha scalato le classifiche italiane prima con il singolo "Non ti scordar mai di me" e poi con l'album "Gaetana". Tutto in regola insomma. Un personaggio come Morgan con i suoi pregi (preparazione ed estro) e difetti (snobismo e arroganza) è funzionale al sistema mediatico classico: diverte e scuote ma senza mai sovvertire. Alla fine, la Ventura, regina indiscussa di una certa televisione italiana - quella "di pancia e di cuore" come lei ama spesso ripetere - ha funzionato ancora. La (sua) maniera di fare Tv "di pancia e di cuore" si è dimostrata la vincente.
Quel concept - se pur non nel volto fresco di un ragazzo con il sogno di diventare pop star ma nelle facce stanche di Iva Zanicchi e di Albano - è alla base della ricetta sanremese: un mix di sociale da discount, buoni sentimenti, provocazioni di velluto e simpatia alla "Volemose bene".

Nonostante il buon risultato della prima serata del Festival, è evidente che i consumatori hanno bisogno di novità. Un esempio chiaro del cambiamento di atteggiamento del pubblico televisivo viene proprio da X-Factor. Alla quarta puntata del programma, tra la ragazza albanese da "esibire" proposta da Super Simo - occhioni grandi, vita difficile e voce tipica del patrimonio neomelodico italiano (personaggio perfetto della televisione "old style") - e il milanese strano da "formare" proposto da Morgan - dubbie capacità vocali ma indubbie potenzialità artistiche - , il pubblico ha scelto il secondo. Come a dire, meglio l'imprevedibile estro che il prevedibile polpettone.

A questo punto della gara, l'ex leader dei Bluvertigo, è l'unico ad avere quattro cantanti, il doppio delle sue colleghe. Pur avendo portato avanti scelte difficili nel corso delle puntate (dal ribaltamento di un classico della canzone italiana come "Alba Chiara" alla profanazione di Franco Battiato e Paolo Conte), e nonostante la sua aria carismatica ma decisamente disturbante, il pubblico ha scelto lui. Che tradotto in termini sostanziali significa: qualità, sperimentazione e cultura. Meglio subire le pontificazioni su Beethoven che la retorica sole-cuore-amore, perchè, come ha detto la giovane parrucchiera di un negozio centrale di Milano: "Almeno così imparo qualcosa".

Una scossa per l'industria culturale. Ci eravamo convinti che qualità e televisione fossero un ossimoro, che se le persone accendono lo schermo, preferiscono davvero il rassicurante trash all'impegnato noioso. E invece, l'atteggiamento del pubblico della trasmissione di Raidue all'improvviso dimostra che non è così, che forse Gramsci aveva ragione quando scriveva che nazional-popolare non significa necessariamente seni in vista e drammi personali in prime time, che si può fare una televisione di massa "di qualità". Si possono anche nominare Wittgenstein e Aphex Twin in Tv, l'importante è il "come".

Certo, in una fase così statica del sistema capitalistico, l'industria culturale, in quanto specchio e strumento "spettacolare" del sistema (nell'accezione data da Theodor W. Adorno e Max Horkheimer nella seconda metà del Novecento), è naturalmente ferma. Se il sistema ha interrotto la produzione di bisogni e desideri, così fa l'industria culturale. Come la finanza e l'economia, anche essa deve trovare nuove formule, rigenerare i suoi mezzi e contenuti. Perchè l'inganno è ormai svelato: la società dello spettacolo non è più un concetto per salotti colti, è diventato una consapevolezza di massa. Magari la gente non sa chi è Jean Baudrillard, ma sa che tra la spazzatura televisiva e una nozione appresa in maniera divertente, oggi preferisce la seconda.

  CONTINUA ...»

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